Contenuto tratto dal numero di maggio 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
COLDWELL BANKER ITALY – Brandvoice | Paid Program
Roberto Gigio, presidente e ceo di Coldwell Banker Italy, è l’imprenditore che ha portato in Italia lo storico marchio immobiliare americano, fondato oltre un secolo fa.
Roberto, partiamo dalle origini. Qual è il tuo primo ricordo d’infanzia?
Ero in Germania, nel cortile di un’azienda dove lavoravano i miei genitori. Avevo un triciclo. Ricordo che giocavo andando avanti e indietro su una piccola salita. Poi siamo tornati in Italia, a Tarquinia. Avevo circa cinque anni.
Cosa ti ha colpito di quegli anni?
Tarquinia sul mare era in piena costruzione. Mi affascinavano i cantieri. Mio padre era muratore, mio nonno anche. Fin da piccolo li seguivo: pavimenti, intonaci, finiture. Ho respirato la cultura del costruire e del fare bene. Vedevo nascere le case mattone dopo mattone.
Un’eredità che ti ha segnato?
Mio nonno diceva: ‘Anche se una mattonella fuori posto non la nota il cliente, io la vedo’. E la rifaceva. Questo mi ha insegnato che bisogna lavorare con rispetto e coscienziosità. Un’etica che non ho mai abbandonato.
Come nasce il tuo spirito imprenditoriale?
Facevamo anche i mercati. Mio padre si alzava alle quattro e io con lui. Ho imparato a negoziare, a fare di conto, a trattare. Era una scuola di vita. Già a 12 anni sapevo gestire una vendita. Anche scambiando figurine tra amici si affinavano le abilità.
Quando hai capito che l’immobiliare era la tua strada?
Ho iniziato da giovanissimo, a Roma. Poi sono tornato a Tarquinia, ho lavorato in un’agenzia. Volevo crescere. Sono entrato in un network immobiliare importante, arrivando a gestire 25 agenzie e la divisione lusso per l’Italia.
Cosa ti ha portato a lasciare quel gruppo?
Dopo il passaggio generazionale non mi riconoscevo più nei nuovi valori. Ho sentito che era il momento di cercare un brand che rispecchiasse la mia visione. Così ho scoperto Coldwell Banker. Era strutturata, solida, ma con un’anima da costruire in Italia.
Hai portato il brand qui. Com’è andata?
Nel 2009, poco dopo la crisi del settore immobiliare, ho firmato il contratto di master franchising. È stato un periodo complesso, ma non mi sono arreso: ho investito e ho resistito con determinazione insieme al mio team.
Qual è la forza del modello Coldwell Banker?
Unisce la visione internazionale a un’anima italiana. Abbiamo una rete globale di oltre 100mila agenti, ma lavoriamo con empatia, con sensibilità. Ogni immobile ha una storia, ogni cliente un sogno. Non ci limitiamo a vendere case: accompagniamo le persone a realizzare scelte importanti.
Qual è il tuo approccio alla vendita?
Cerco di interpretare i reali desideri dei clienti, che certe volte nemmeno loro riescono a esprimere con esattezza. Se non sono convinto che sia la cosa giusta, non spingo. Devo avere la coscienza a posto. Una casa non è un prodotto: è una scelta di vita.
E ora stai aprendo in Albania. Perché?
Perché vedo energia, potenziale, voglia di fare. Lì oggi c’è l’Italia degli anni Settanta. Ma manca un metodo. Io voglio portare cultura immobiliare e formare operatori locali. Costruire valore, non solo fatturato. È una sfida, certo, ma è proprio questo il senso del mio lavoro: contribuire alla crescita di un territorio.
Cosa significa per te essere un imprenditore oggi?
Significa far crescere chi lavora con te. Se i tuoi collaboratori stanno bene, l’azienda cresce. Io metto sempre prima loro, poi me stesso.
La tua squadra è con te da anni. Come si costruisce una relazione così duratura?
Con fiducia, rispetto, coerenza. Condividiamo obiettivi e valori. Sappiamo che ogni traguardo si raggiunge insieme. Senza il mio team, non sarei qui. Nella crisi del 2008, quando tutto si fermava, sono stati loro a darmi la forza per continuare.
E tua figlia lavora con te. Come vivi questo passaggio generazionale?
Spero che, oltre al lavoro, le resti uno stile. Il modo in cui trattiamo le persone, la cura con cui facciamo ogni cosa. Non è solo guadagno. Si tratta di lasciare qualcosa. Di tramandare un modo di essere imprenditori. È la parte più bella, vedere che un certo approccio si trasmette naturalmente.
Che idea hai del successo?
Per me il successo è costruire qualcosa che resta anche quando non ci sei più. È lasciare un segno. Non solo conti in banca, ma relazioni, reputazione, cultura aziendale.
E qual è la tua visione per il futuro?
Continuare a crescere senza perdere l’anima. Fare impresa con etica, con rispetto, con attenzione alle persone. Il futuro appartiene a chi costruisce con il cuore. Credo che l’Italia, con le sue bellezze e le sue eccellenze, abbia ancora tantissimo da offrire al mondo. E se posso contribuire anche solo un po’ a raccontarlo attraverso il mio lavoro, allora ne vale la pena. ●