A dirlo è un sondaggio dell'incubatore Startup Geeks, condotto su un campione di 800 persone del programma Startup Builder.
A spingere le persone a fondare una startup sono soprattutto il desiderio di creare qualcosa che abbia un impatto sulla società e l’autonomia lavorativa. Solo al terzo posto viene la motivazione economica. È quanto emerge da un sondaggio condotto da Startup Geeks, incubatore di startup online che ha sostenuto oltre 1.300 progetti, su un campione di 800 persone del suo programma Startup Builder.
Nel 2019 il Global Entrepreneurship Monitor diceva che il 30% dei nuovi imprenditori era mosso da ragioni economiche. Il rapporto di Startup Geeks fotografa una situazione molto diversa. Il 43,4% del campione ha citato come priorità quella di avere un impatto, il 28,8% l’autonomia lavorativa, solo il 9,6% la volontà di guadagnare più di quanto incassa con l’attuale lavoro. Seguono la volontà di rispondere a un bisogno insoddisfatto, con il 6,6%, e quella di realizzare un’idea innovativa (5,9%).
Vanno nella stessa direzione le risposte alla domanda ‘Che cosa vuoi ottenere dal tuo progetto imprenditoriale?’: al primo posto c’è la realizzazione personale (36%), seguita dal desiderio di sfide stimolanti e continuo apprendimento (20,6%). L’indipendenza finanziaria (19,3%) è terza, davanti alla ricerca di un maggiore equilibrio tra vita privata e professionale (13%) e all’opportunità di viaggiare e conoscere nuove realtà (5,3%).
Del resto, anche i settori più gettonati dagli aspiranti imprenditori – digitale, formazione e sostenibilità – confermano la volontà di avviare un’attività con un impatto sociale.
Chi sono gli aspiranti imprenditori italiani
La ricerca ha anche tracciato un profilo degli aspiranti imprenditori italiani. E nonostante nell’immaginario comune il fondatore di startup sia un ragazzo, a prevalere non sono in realtà i giovanissimi, ma professionisti che vogliono reinventarsi. L’età media è di 34 anni, con un 55,8% concentrato tra i 26 e i 35. Solo l’11,7% appartiene alla fascia 18-25, superata anche dalla 36-45 (24,7%).
Questi dati dimostrano anche come la maggior parte delle idee imprenditoriali non vengano da una visione o da un’ispirazione improvvisa, ma dall’esperienza e dall’osservazione della realtà. Molti progetti partono da una frustrazione personale, per altri lo scopo è trasformare una passione in un lavoro. Il 52% delle persone del programma Startup Builder si candida come fondatore unico della sua azienda, segno che il progetto ha una matrice personale.
Ostacoli e paure
Al momento di decidere se tentare la strada di una nuova impresa o aspettare, il 42,5% degli intervistati dice che a spingerlo a partire è stata la volontà di non avere rimpianti per non avere provato. Per il 26,8% la motivazione è arrivata dalla paura di restare in un ambiente non soddisfacente, per il 10,5% dal timore che qualcun altro realizzasse la stessa idea. Altri stimoli ad agire subito sono il pericolo di perdere la motivazione nel tempo (8,4%) e la possibilità che un’evoluzione della tecnologia o del mercato renda obsoleta l’idea (6,1%).
Quanto agli ostacoli pratici che frenano la creazione di un’azienda, uno dei principali è il tempo. Spesso gli aspiranti fondatori spiegano di non potersi dedicare alla loro iniziativa perché assorbiti da lavori a tempo pieno e impegni familiari. Il progetto viene così relegato ai ritagli di tempo e diventa un’attività collaterale.
Non mancano poi barriere psicologiche, a cominciare dalla sindrome dell’impostore – cioè la convinzione di non possedere le competenze necessarie – e la paura del giudizio altrui. Anche il contesto sociale e familiare non è sempre di aiuto: diversi aspiranti imprenditori dicono che chi li circonda non li sostiene, soprattutto se il progetto di azienda comporta l’abbandono di un lavoro stabile.
Lavori che non soddisfano
Dall’altro lato, a spingere invece ad agire c’è un diffuso malcontento per il proprio lavoro. Secondo il rapporto Hopes and Fears Global Workforce Survey di PwC, solo il 54% degli italiani è soddisfatto del suo impiego. E per l’European Workforce Study 2025 di Great Place to Work, i dipendenti italiani sono i meno soddisfatti d’Europa: solo il 43% considera la sua organizzazione un ottimo luogo di lavoro.
Tra le persone intervistate da Startup Geeks che denunciano questo problema, il 25,1% dice che il principale fattore di insoddisfazione è la sensazione di non poter crescere dal punto di vista professionale. Il 16,6% si sente sottovalutato, il 13,8% afferma che il suo stipendio non riflette il suo impegno. Tra le altre cause citate da molti ci sono la scarsa flessibilità (6,2%) e il desiderio di cambiare settore (5,1%).
Idee chiare
“Il consiglio che diamo sempre a chi inizia, basandoci anche sulla nostra esperienza personale, è di prendere la strada dell’imprenditoria con consapevolezza”, hanno detto Alessio Boceda e Giulia D’Amato, fondatori di Startup Geeks. “Essere imprenditore è una responsabilità da non sottovalutare, richiede disciplina e non ammette disattenzioni: questo vuol dire formarsi su tutto quello che ruota attorno al progetto, affinando di volta in volta le competenze”.
Sotto questo profilo, dicono gli autori del rapporto, chi vuole fondare una startup sembra avere in effetti un’idea chiara di ciò che deve imparare. La priorità è la validazione dell’idea, cioè la verifica sul campo attraverso il confronto con il mercato e l’ascolto dei bisogni. Seguono la costruzione del modello di business e la gestione finanziaria, poi il marketing operativo e digitale, la vendita e l’acquisizione di clienti, la gestione delle risorse umane e gli aspetti legali e contrattuali.