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22 settembre 2025

La Romania è una delle chiavi degli equilibri internazionali: così Russia e Occidente se la contendono

Putin vuole avvicinarla per dividere la Nato e l'Ue, che considerano invece Bucarest un fondamentale avamposto orientale
La Romania è una delle chiavi degli equilibri internazionali: così Russia e Occidente se la contendono

Cosimo Palleschi
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Cosimo Palleschi

Articolo tratto dal numero di settembre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

“Fai il bravo o ti vengono a prendere i russi”. Con queste parole in Romania, nel passato, i genitori mettevano in guardia i figli perché si comportassero bene. Oggi, a oltre 20 anni da quel 29 marzo 2004 che segnava l’entrata della Romania nella Nato, la paura della Russia è tornata attuale e Bucarest è diventata arena di scontro tra Mosca e l’Occidente.

La situazione è deflagrata nel novembre 2024, quando, dopo il primo turno delle elezioni presidenziali, il candidato del partito di estrema destra Alleanza per l’Unione dei Romeni (Aur), il filoputiniano Calin Georgescu, accreditato nei sondaggi del 5/6% dei consensi, a sorpresa è risultato il più votato, con oltre il 23%. A dicembre la Corte Costituzionale romena, tra le proteste, ha annullato le elezioni, anche su richiesta dell’Unione europea. L’Ue aveva ricevuto e girato alla Romania un rapporto di intelligence che sottolineava la pesante ingerenza russa nelle elezioni, tramite una martellante campagna social a favore di Georgescu. TikTok ha ammesso la presenza di oltre 25mila profili falsi che avrebbero influenzato l’opinione pubblica romena, diffondendo fake news per favorire il candidato dell’estrema destra. Nel paese, TikTok ha 8,9 milioni di utenti, cioè quasi un cittadino su due (Facebook, per avere un raffronto, ne ha 9,05 milioni). Le campagne a mezzo social fanno parte delle strategia di guerra ibrida del Cremlino a sostegno dei candidati filorussi per dividere il fronte occidentale.

Bucarest sul filo

A dicembre è iniziato un periodo di instabilità politica nel paese, già afflitto dall’incertezza economica, dovuta a un pesante deficit di bilancio, e da un debito pubblico in pericolosa crescita. Nel 2024 il deficit ha raggiunto il 9,3% del Pil, livello più alto dei paesi Ue, portando anche a una procedura di infrazione per Bucarest. Il rapporto debito/Pil, invece, seppur sotto controllo (a gennaio 2025 era al 54,8%; l’Italia, per esempio, è al 135%), è previsto in crescita (fino al 60% entro il 2026).

Le nuove elezioni – dalle quali Georgescu, poi raggiunto anche da un avviso di garanzia, è stato estromesso – hanno visto vincere al primo turno, con il 40% dei voti, il nuovo candidato dell’Aur George Simion. Una vittoria che ha preoccupato Bruxelles, allarmata dal possibile avvicinamento della Romania alla Russia. Al secondo turno, però, l’ex sindaco di Bucarest Nicosur Dan, candidato indipendente alla guida di una coalizione molto vasta ed eterogenea, che comprende il centrodestra, il centrosinistra e il partito della minoranza ungherese, ha vinto con oltre il 53% dei consensi.

Riforme difficili

Nonostante il nuovo governo goda di una maggioranza parlamentare molto ampia, la strada per Dan non sarà facile. Da una parte dovrà tenere conto delle esigenze di tutti i partiti, molto diversi, che compongono il governo. Dall’altra dovrà rimettere i conti del paese in ordine, attuando una serie di riforme ‘lacrime e sangue’ per stabilizzare l’economia e poter usufruire dei 20 miliardi di euro, di cui 14 a fondo perduto, del Recovery Fund. Tra le misure da adottare: un aumento dell’Iva, delle accise, un taglio di circa 167mila dipendenti statali e uno stop all’aumento degli stipendi nei prossimi anni, oltre a una strenua lotta all’evasione fiscale, vista come prioritaria.

Queste riforme potrebbero, però, accrescere ulteriormente il malcontento e acuire le tensioni sociali, favorendo i partiti estremisti, come avvenuto in Grecia nel 2012. La Romania oggi è un paese politicamente e socialmente molto diviso tra i grandi centri, più borghesi ed europeisti, e le campagne, più tradizionaliste ed euroscettiche. La paura principale dell’Ue e dei partner Nato è un allontanamento dal blocco occidentale e un avvicinamento al Cremlino, come sarebbe avvenuto in caso di vittoria di Simion.

Per l’alleanza atlantica, la Romania è un avamposto sul fronte orientale molto rilevante. In primis per la posizione geografica, vicina al fronte ucraino. In secondo luogo per il porto di Costanza, che si trova esattamente dalla parte opposta rispetto alla base navale russa di Sebastopoli sul Mar Nero. Oggi, nel paese, l’Alleanza ha un contingente di circa cinquemila uomini. L’investimento maggiore, da 2,5 miliardi di euro, sarà per l’ampliamento della base aerea Mihal Kogalniceanu, vicina a Costanza. Con il rinnovamento, la base potrà ospitare oltre diecimila militari e diventerà la più grande del continente, superando quella di Ramstein, in Germania.

Un atlantismo da difendere

L’atlantismo del governo romeno non potrà essere messo in discussione, perché è un asse portante nella difesa del confine orientale. La Romania, nonostante le ristrettezze in cui verte il bilancio statale, dovrà spendere di più per la Difesa. L’obiettivo è portare l’esercito dai 70mila effettivi attuali a circa 100mila e rinnovare i mezzi. Il governo prevede di aumentare il budget per la Difesa al 5% del Pil, di cui il 3,5% in armamenti e l’1,5% in infrastrutture.

La Romania necessita anche di investimenti per far fronte all’obsolescenza generalizzata delle infrastrutture, soprattutto quelle energetiche. La Banca europea per gli investimenti ha stanziato un prestito da 200 milioni alla società elettrica statale Deer per l’ammodernamento della rete. Il neo-presidente Dan dovrà rimettere in ordine i conti per sbloccare i fondi del NextGenerationEU, fondamentali per gli investimenti infrastrutturali. Tutto questo senza creare disordini e tensioni sociali e non dimenticando di raggiungere i target di spesa militare per la Nato. In gioco non c’è solo la sopravvivenza del governo, ma il posizionamento della Romania nell’alveo europeo e nella Nato.  

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